V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

Anno B – Gb 7, 1-4.6-7; 1Cor. 9, 16-19.22-23; Mc 1, 29-39 

CHIAVE DI LETTURA DEI MIRACOLI E GIORNATA TIPO DI GESÙ E NOSTRA Giancarlo Bruni O.S.M., in Buona cosa è il sale, ed. Servitium ed. a Cura del Priorato di Sant’Egidio – Sotto il Monte  (BG) pag.113-116 ; 5.a Domenica del T.O. – Anno B 

  1. Gesù è ciò che annuncia, il prendersi cura di  Dio liberando l’uomo da ciò che ne impedisce lo  sviluppo e la realizzazione; un dato di cui  l’evangelista Marco inizia a registrare il cammino  dalla proclamazione ufficiale alla sinagoga di  Cafarnao e alla casa di Simone e Andrea; dalla  liberazione da un grande malessere interiore alla  guarigione di uno stato febbrile: a voler dire che  l’accostarsi favorevole di Dio in Gesù attinge ogni  luogo, pubblico e privato, e ogni forma di malattia,  come lascia intendere il sommario redazionale: «[…]  gli portavano tutti i malati e gli indemoniati […].  Guarì molti che erano affetti da varie malattie e  scacciò molti demoni» (Marco 1, 33-34). Vi è un  male fisico, psichico, sociale, morale e spirituale che  getta l’uomo nel dolore e nell’angoscia ostacolandone il cammino verso la sua umanizzazione, un male-essere che sta molto a  cuore a Dio in Gesù, che nel caso specifico viene a  trovarsi a contatto con una donna con la febbre. Il racconto, come al solito, è scarno ed essenziale: Gesù entra in casa di Simone e di Andrea  in compagnia di Giacomo e Giovanni, viene  informato dell’infermità della suocera di Simone e  agisce (cf. Marco 1, 29-30). Meritevole di attenzione  è la sequenza dei gesti (cf. Marco 1, 31): Gesù si  avvicina, prende per mano facendo alzare o  sollevando, senza dire una parola; viene annotato  che la febbre la lasciò e si mise a servirli, restituita  alle sue normali mansioni. «Per questo, infatti, sono  venuto» (Marco 1, 38): nel caso, perché la febbre  lasci una donna (cf. Marco 1, 31). Il segreto di Gesù  inizia a svelarsi in termini chiari e concisi: egli è la  prossimità amante di Dio a chi sta male, è la mano  aperta di Dio che prende per mano chi sta male, è  guarigione-risurrezione di Dio a chi sta male, nel  piccolo e nel grande. In breve, è l’uscito da Dio per  far uscire l’uomo da ciò che ferisce l’uomo.
    La chiave di lettura per leggere i miracoli di  Gesù, e miracolo vuol dire capacità di meravigliarsi alla luce della categoria del segno: in primo luogo,  della condizione carente dell’uomo; in secondo  luogo, della sollecitudine appassionata e potente di  Dio in Gesù nei confronti di chi si trova nel bisogno;  in terzo luogo, aspetto da sottolineare, essi sono  segni della fede dei malati. In Marco i miracoli non  generano la fede, ma sono generati dalla fede: solo  una fiducia salda in Gesù è in grado di sprigionare  tutta la forza liberatrice di Gesù.
    I miracoli infine sono segni della vera grande  guarigione dalla durezza di cuore, passaggio dalla  malvagità alla bontà e dalla morte alla risurrezione  futura, come vittoria definitiva su ogni tipo di male.  Per cui guarito è l’uomo capace di porre l’atto di amore e l’atto di speranza, anche se in un corpo  infermo e in una psiche provata. Eventi-segni che  inesorabilmente generano reazioni, domande  puntualmente registrate nei Vangeli, e infine che  operano una grande guarigione: dalla inoperosità  legata alla propria infermità al servizio: «La febbre  la lasciò ed ella li serviva» (Marco 1, 31). 
  1. Una liberazione, questa della suocera di  Simone, che sottende tra l’altro una emancipazione  da tabù consolidati, almeno in certi settori della  popolazione, come il contrarre impurità toccando  una donna inferma. Dinanzi a una creatura nel  bisogno, dichiara coi fatti Gesù, non vi è regola  alcuna né divina né umana che arresti il porgere la  mano. Qui e altrove: «Andiamocene altrove, nei  villaggi vicini, perché io predichi anche là; per  questo sono venuto» (Marco 1, 38). Questo modo di  essere di Dio in Gesù è a portata universale: ogni  villaggio della Galilea e dell’intera terra abitata è  vicino al Dio di Gesù, ieri, oggi e domani; niente e  nessuno può imprigionarne l’amore, porgli confini e  steccati, non le folle e neppure Simone e i suoi amici  sempre pronti ad assecondare il desiderio delle  folle: «Tutti ti cercano» (Marco 1, 36-37), e  tantomeno il successo del momento. Gesù mai prenderà decisioni nel tempo dell’euforia e nel  tempo della depressione, il Padre, e solo il Padre,  sarà il suo determinante. Un Padre che, nel caso  specifico, è a lui memoria di “altrove” a chi lo  vorrebbe solo “qui”, un Padre incontrato nella  preghiera: «Al mattino presto si alzò quando ancora  era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là  pregava» (Marco 1, 35).
    Questo particolare è occasione per soffermarci  un attimo su quella che, in questo primo capitolo  dello scritto di Marco, viene definita la “giornata  tipo” di Gesù, data dalla unità di luogo, Cafarnao (cf.  Marco 1, 21), di tempo – il sabato – e di suddivisione,  il mattino (cf. Marco 1, 35), il giorno (cf. Marco 1,  29-31) e la sera (cf. Marco 1, 32). Altamente  istruttiva questa scansione. Il giorno di Gesù inizia  di buon’ora, in una solitudine colmata dalla  preghiera, dalla relazione con il Padre; prosegue  durante le ore solari con la preghiera pubblica in  sinagoga e nell’adempimento dell’opera del Padre,  istruzione e guarigioni (cf. Marco 1, 39); si conclude  a sera con i malati alla sua porta (cf. Marco 1, 32- 33), sorretti dalla speranza di essere liberati dalla  notte dei loro mali. Sera, altresì, tempo di incontro  con gli amici a tavola (cf. Luca 24, 29s).
    Gesù riflette la verità dell’uomo come essere di  solitudine: il mattino dell’uomo aperto alla  illuminazione donata dal faccia a faccia con Dio;  come essere di compagnia: il giorno dell’uomo da  viversi nella compassione; e come essere di  amicizia: la sera dell’uomo sempre aperta alla  compassione e a gesti e parole in convivialità  amiche. 
  1. Pagine densissime che dischiudono a una  lettura di sé, singoli e comunità, come umanità  bisognosa di guarigione, ad esempio, dalla malattia  del non saper pensare e vivere il tempo, iniziati a  questo da Colui che ci suggerisce di vivere ogni  giorno come se fosse il primo e l’ultimo, e di viverlo  bene, in maniera ordinata. Il che dipende dal  risveglio mattutino della coscienza, la nascita  quotidiana a sapersi dono di Dio a prolungare  durante le ore del giorno, della sera e della notte, di  villaggio in villaggio, la cura del Cristo. Quella  sperimentata sulle proprie più o meno occulte  malattie.

Giancarlo Bruni, (1938) appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.

Risiede un po’ a Bose e un po’ all’eremo di San Pietro alle Stinche (FI).