service-icon-2Ogni Chiesa che sorge è una cittadella di Dio in mezzo al mondo. In essa si svolge la vita del Cristiano. I momenti più importanti della nostra esistenza ricevono il sigillo di Dio: ogni dolore trova la sua speranza, ogni gioia raggiunge la sua pienezza, ogni parola diventa poema di amore. Nella Chiesa il popolo di Dio si affratella e ne esce portando al mondo un messaggio di Amore e di Verità.

Quando si costruisce una Chiesa è segno che Dio ha scelto la sua casa tra le case degli uomini.

È sorta una nuova parrocchia

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Il sorgere della nuova Parrocchia dei Santi Fiorentini è legato innanzi tutto ad una ragione essenzialmente urbani­stica. Lo sviluppo demografico degli ultimi anni ha portato la periferia del rione di S. Gervasio ad una crescita sempre più considerevole. Dove fino a poco fa sorgevano campi e terreni coltivati esistono ora numerosi blocchi di abitazioni. l terreni di proprietà Rasponi, lottizzati e venduti hanno dato vita in pochi anni ad un nuovo quartiere residenziale tra i più belli della periferia fiorentina. Si è fatta così sentire l’urgenza di provvedere anche ai bisogni spirituali dei nuovi abitanti, con una nuova Chiesa. Già dal 1944 la Signora Maria Anna Conti vedo Norsa aveva lasciato nel suo testamento, un legato a favore dell’Arci­vescovo di Firenze, consistente in un appezzamento di terreno lungo la Via Centostelle, perché vi fosse costruita, entro lo spazio di dieci anni, una nuova chiesa. Data l’impossibilità di tale realizzazione, in un periodo estremamente difficile, quale quello dell’immediato dopoguerra, il Card. Elia Dalla Costa, declinava il legato in favore dèlle Suore Calasanziane, le quali, da parte loro, si impegnavano, attraverso la Madre Generale, a restituire il terreno che era stato oggetto del le­gato, qualora si fosse realmente costruita la chiesa. Tale realizzazione venne più volte sollecitata dal parroco di S. Gervasio, Mons. Pio Carlo Poggi, il quale ben si ren­deva conto dell’importanza di provvedere ai bisogni spirituali della nuova popolazione. Fin dal 1955, il Card. Dalla Costa, poneva la nuova chiesa, da intitolarsi ai Santi Fiorentini, nell’elenco delle chiese da costruire con ilcontributo statale (legge 2522 del 1952). Ancora nel 1956 e 1957 veniva rilevata l’urgenza di dare inizio ai lavori di costruzione, come risulta da due comunicati della Curia Arcivescovile, apparsi sul Bollettino Diocesano. Nel 1960 finalmente, dopo che le beneme­rite Suore Calasanziane restituivano il terreno che fu già oggetto del legato Norsa, il Card. Arcivescovo incaricava l’lng. Arch. Ferdinando Rossi di disegnare i progetti della Chiesa ed in pari tempo veniva nominato un sacerdote che as­sumesse le funzioni di parroco. Fu il 25 maggio del 1960, Festa di S. Zanobi, che l’Arcivescovo Mons. Ermenegildo Florit emanava il decreto della ere· zione della nuova Parrocchia, ed il 25 settembre, quattro mesi dopo, il nuovo parroco iniziava la sua attività pastorale, servendosi provvisoriamente della Cappella dell’Istituto delle Suore Calasanziane e trovando presso di esse ospitalità. Ad un anno di distanza, l’11 ottobre 1961 si iniziavano i lavori della nuova chiesa Parrocchiale, affidati all’Impresa Edile dell’Ing. Franco Alajmo. Il 22 febbraio 1962, Mons. Ermenegildo Florit, benediceva ufficialmente i lavori e su ri­chiesta del Collegio dei Parroci Urbani, decideva di dedicare la chiesa alla venerata memoria del Card. Dalla Costa, dece­duto il 22 dicembre del 1961. La chiesa era già funzionante il 26 maggio 1963 ed usata nei giorni festivi; oggi 11 ottobre 1964, atre anni dall’inizio dei lavori, essa viene solennemente consacrata, perché resti per sempre a gloria di Dio e a benedizione degli uomini.

Paga

 

Ha benedetto l’inizio dei lavori e ne ha seguito l’avanzamento con premura di padre.

 

Sia la nuova Chiesa che sorge il fulcro sensibile e materiale di una soprannaturale famiglia unita nel!a fede, nel culto del Signore, nelle opere buone, nell’ubbidienza al parroco, rappresentante del Vescovo. Monumento vivo, eretto nei vostri cuori, cementato dall’amore fraterno e dalla preghiera”.

(Dal discorso della benedizione dei lavori – 22 Febbraio 1962)

 

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<<Dai Fondamenti della Chiesa Madre>> : auspicio della perenne fecondità della Chiesa nel tempo e nello spazio.

 Così fu scritto nella pergamena racchiusa nella prima

pietra della nuova chiesa, tratta dai fondamenti di S. Maria del Fiore:

 

Il 22 febbraio 1962

essendo Sommo Pontefice Giovanni XXIII

 essendo Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi

 qui

 in luogo quieto ed ameno ai piedi del colle di Fiesole

 per dare maggiore incremento alla religione

 in questo crescente rione della città

 Ermenegildo Florit

 Vescovo Titolare di Gerapoli di Siria

 Amministratore Apostolico della Sede Fiorentina vacante

 in memoria dell’Eminentissimo Arcivescovo di Firenze

 Elia Cardinale Dalla Costa

 al quale questa opera stette moltissimo a cuore

 alla presenza delle maggiori autorità cittadine e di gran numero di fedeli

 pose ritualmente la prima pietra di una nuova chiesa

 progettata dall’Architetto Ferdinando Rossi

 in onore di S. Zanobi e di tutti i Santi Fiorentini

 ai quali prima di ora nessun tempio era stato dedicato

 facendo ardenti voti

 in questa solenne vigilia del Concilio Ecumenico Vaticano II

 che per la luce dei loro esempi e con l’aiuto della loro intercessione

 la vita cristiana in questa nostra età

 fiorisca abbia vigore si propaghi

 Card

 La chiesa che Egli volle e sognò di realizzare, resterà a ricordare la sua luminosa figura di pastore.

 « Al Cardinale Dalla Costa, che non volle mai niente per sé e rinuncumilmente a festeggiamenti, giubilei e ricordi pe­rituri, non dispiacecerto che questa chiesa lo rammenti ai suoi figli spirituali. E fra le glorie religiose di Firenze, dei cui Santi questo edificio è destinato a perpetuare il ricordo e la venerazione, ci sembra che non debba mancare la memoria di uno dei più grandi Vescovi della Chiesa Fiorentina ... Questo omaggio non è destinato a scomparire sotto la polvere del tempo, poiché una chiesa è l’immagine materiale dell’edificio interiore della Comunità cristiana universale, costruito sulla solida pietra angolare che è Cristo … »

(Dal discorso della Benedizione dei lavori. 22-II-1962)

 

Hanno dato vita alla nuova parrocchia

 xxxLa necessità di una chiesa e di una nuova parrocchia mi apparve manifesta già nel 1938, allorché divenni parroco di S. Gervasio, nonostante che la vasta piana lungo la via Centostelle avesse allora solo ubertosi campi ben coltivati.
Parlai del bisogno di una nuova chiesa, per allora come succursale della parrocchia di S. Gervasio, alla buona e pia figlia del grande filosofo Augusto Conti, sig.ra Marianna Conti vedova Norsa, proprietaria di molti terreni tra via Centostelle e il viale De Amicis. Essa nel suo testamento dispose un lascito all’Arcivescovo di Firenze di un appezzamento di terreno in via Centostelle per la costruzione di una chiesa; tuttavia le condizioni di tempo per la costruzione poste dalla defunta indussero il compianto e venerato Card. Arcivescovo Elia Dalla Costa a rinunciare al lascito e l’appezzamento di terreno andò in proprietà delle Suore Calasanziane. Esse però, rispettando la volontà della loro defunta benefattrice e comprendendo le necessità pastorali, si resero benemerite della diocesi, dando generosamente al compianto Arcivescovo un documento, che ebbi l’incarico di custodire fino al 1960, col quale si impegnavano a cedere gratuitamente l’appezzamento di terreno allorquando sarebbe stata possibile la costruzione della nuova chiesa.
Negli anni dal 1952 al 1954 fui incaricato dall’Eminentissimo Card. Arcivescovo di occuparmi delle pratiche per le nuove chiese parrocchiali necessarie alla periferia di Firenze mentre mi interessavo laboriosamente di quelle per la costruzione della mia nuova di S. Gervasio. Quando nel 1954 bisognò inviare a Roma l’elenco delle nuove chiese che l’Arcivescovo giudicava necessarie per la città, ottenni che vi fosse inclusa fra le prime quella dei Santi Fiorentini che il Card. Arcivescovo voleva dapprima dedicata a S. Anna o a San Giuseppe Calasanzio o S. Paolo.
– Eminenza, abbiamo più di quaranta santi e beati fiorentini; e che santi!
Perché non dedicare una nuova chiesa a queste glorie dell’Arcidiocesi? –
Il Card. Arcivescovo, che mi domandava come mai mi era venuta questa idea, acconsentì a lasciare questa denomiinazione nell’elenco che partì per Roma e così sorse la nuova parrocchia dei Santi Fiorentini.
Quando nel 1960 mi fu comunicato che il primo parroco della nuova parrocchia era Don Aldo Bertini fu per me un gran gaudio. Don Bertini, nato e cresciuto a S. Gervasio, che avevo visto entrare in seminario, che avevo con commozione e gioia sentito cantare la sua prima Messa in S. Gervasio, era ora il parroco mio viciniore. Ero ben sicuro che mi avrebbe emulato e superato nello zelo, nelle preoccupazioni, nelle sofferenze di un’ardua impresa come quella di costruire una nuova chiesa e inoltre di organizzare una nuova parrocchia.
Ora è giunto il momento della solenne consacrazione del nuovo tempio.
Il caro Don Aldo avrà il plauso da tutti; poi la sua fatica, che ancora continua, potrà essere dimenticata anche da tutti, ma si conforti dal fatto che potrà dire l’ultimo giorno: « Ho zelato ed amato il decoro della tua casa” e dal Supremo Giudice e Datore di ogni bene, che tutto sa e nulla dimentica, riceverà eterna ricompensa.

 Mons. PIO CARLO POGGI – Parroco di S. Gervasio

 

SanGerSua Eminenza l’Arcivescovo Elia Dalla Costa, di venerata memoria, mi chiamò un giorno per avvisarmi che intendeva costituire la nuova Parrocchia di S. Zanobi e SS. Fiorentini e che avrebbe mandato una commissione per definire i confini della medesima con S. Maria a Coverciano. Infatti pochi giorni dopo, questa commissione si presentò e con essa potei stabilire, dopo un sopralluogo, i confini attuali. Da allora Via Lungo l’Affrico, parte del Viale Duse, Via Ristori, Via del Confine e Via del Cantone furono staccati da S. Maria a Coverciano per passare alla nuova Parrocchia. Rimaneva da erigere la nuova Chiesa sufficientemente grande, bella e comooda; e questa presto si vide sorgere per iniziativa del primo Parroco D. Aldo Bertini che tanto si adoperò.
Al Parroco di Coverciano, che vedeva aumentare continuamente gli abitanti della sua Parrocchia, rincrebbe certamente questa divisione del territorio parrocchiale, ma per il bene delle anime vide ben volentieri sorgere questa nuova chiesa.
Agli abitanti della nuova Parrocchia egli rivolge il più vivo augurio che sotto la direzione spirituale di D. Aldo Bertini essi sappiano migliorare se stessi avvicinandosi sempre più al Signore. Non è appartenendo a questa o a quest’altra Parrocchia che noi possiamo dire di corrispondere al fine per il quale siamo creati, ma lavorando su noi stessi e compiendo sempre la volontà di Colui che ci ha creati e redenti per un fine superiore.

 Don Carlo Viganò – Parroco di S. Maria a Coverciano

 

 

centro

della preghiera

dell’unità

della carità

ImmaginiPag5Con gaudio tutto particolare dedichiamo que­sta nuova chiesa al Signore e l’apriremo ufficial­mente al culto domenica il ottobre p.v. Essa onorerà la eletta schiera dei Santi Fioren­tini e tramanderà la memoria venerata del Cardi­nale Elia Dalla Costa. Per la famiglia parrocchiale essa sarà il cen­tro della preghiera, dell’unità e della carità: « Qui i sacerdoti offriranno il Sacrificio di lode, qui il popolo fedele adempierà i suoi voti, qui ver­ranno sciolti i pesi dei peccati e i fedeli caduti sa­ranno risanati» (Dal Pont. Rom.). Per il Signore sarà un centro di misericordia e di grazia: « Qui Egli dissiperà le ansietà della famiglia sup­plicante, ne guarirà i mali ed esaudirà le preghiere, ne accoglierà i voti e confermerà i desideri accor­dando ciò che si domanda» (P.R.) Sarà una chiesa cara a tutti i diocesani e per tutti sempre aperta.

ERMENEGILDO FLORIT Arcivescovo

La parrocchia è una famiglia, la famiglia di Dio in cammino verso la Casa del Padre, dove potrà godere in una meravigliosa intimità, che sarà eterna ed incommensurabile gioia. Nella Chiesa parrocchiale è la sorgente della vita divina necessaria ed essenziale ali ‘uomo per arrivare a Dio. Tutte le sue strutture, infatti, sono elementi che costituiscono questa sorgente. Il battistero, dove l’uomo rinasce alla vita divina e diventa membro di questa famiglia, figlio adottivo di Dio. Il pulpito, da cui il parroco parla e, richiamando l’attenzione distratta dei cristiani, ripete: «Cercate le cose di lassù! Siate figli della luce! Se condividiamo il pane celeste, condividiamo anche il pane terreno! » Ma soprattutto la comunità cristiana si raccoglie in assemblea nella sua Chiesa per offrire a Dio sull’altare il sacrificio perfetto di ringraziamento, di adorazione, di implorazione. La Messa è la realtà suprema che condiziona tutto lo spazio sacro, ponendosi al centro. L’altare è come il pernio di tutta l’architettura della Chiesa e a quella mensa si siedono i figli a cibarsi di un pane che incrementa la carità ed è pegno di futura gioia. E la vicenda del figliol prodigo, narrata da Cristo nella parabola e dolorosamente rivissuta dall’uomo sbandato, realizza nel confessionale l’incontro di perdono fra il figlio morto e risuscitato alla vita ed il Padre infinitamente misericordioso. Di fronte a questa realtà comprendiamo la costante ed assillante preoccupazione della Chiesa a far sì che là dove sorgono le case per gli uomini, si costruisca anche la Casa di Dio, perché gli uomini non avviliscano la loro dignità di creature divinizzate, né dimentichino il loro eterno destino.  Per questo sono degni di lode e ricchi di merito i sacrifici anche immensi che Parroco e fedeli compiono umilmente e generosamente pur di realizzare la loro Chiesa parrocchiale .

GIOVANNI BIANCHI Vescovo Ausiliare

ImmaginiPag6LA CAPPELLA DELLE SUORE CALASANZIANE: ha accolto per lungo tempo la preghiera della comunità orante

ImmaginiPag6_001LA CASA PREFABBRICATA PER LE OPERE PARROCCHIALI: ha servito a organizzare la Comunità parrocchiale.

ImmaginePag7santi e beati fiorentini

E’ luogo comune affermarmare che Firenze è città di santi. Con ragione, poiché i suoi figli saliti agli onori degli altari sono numerosi al pari di quelli di’una nazione o di un ordine plurisecolare.
I santi hanno fatto gran parte della storia della nostra città; le creature superiori, buone o perverse, creano un’influenza grandissima; sono lievito che valorizza o deteriora la massa.
La storia fiorentina è fatta di luci e di ombre, di santi e di perversi. Ogni secolo vede infatti contrasti stridenti tra dittatori e generosi, venduti totalmente all’amore del prossimo. Dal cozzo della santità e della perversione nascono l’originalità e la gloria di Firenze. La vittoria, seppure tardiva è sempre del bene per essenza comunicabile. Per questo, Firenze è faro nel mondo, fondata sulla santità.
Numerosi sono i santi e i beati fiorentini; sequela meravigliosa della quale, parte trova posto nell’ufficiatura generale della Chiesa, parte o in quella diocesana, oppure nella devozione locale.
Questi santi presentano una caratteristica: sono fiorentini. Questa affermazione mette in evidenza una sfumatura che, unita alla personalità di ciascuno, ne crea il definitivo profilo. Il fiorentinismo è originalità, è oltrepassare genialmente gli schemi, e le scuole di spirito. Basta pensare alla personalità inesauribile di Filippo Neri (ϯ 1595), il quale pure lontano volutamente da Firenze, vive dell’arguzia e e nello spirito bizzarro della sua città. Anche Maria Maddelalena dei Pazzi, pur rivestita dell’abito carmelitano e vivcndone appieno la spiritualità (ϯ 1607), passa il segno estremo della mistica teresiana e di S. Giovanni della Croce, gridando: «Patire e non morire! ».
I santi fiorentini appartengono a ogni ceto: martiri, confessori e vergini. Accanto al protovescovo Zanobi (ϯ 40ì c.), organizzatore della diocesi, si allineano Ippolito Galantini (ϯ 1619), artigiano consacrato all’educazione catechistica della gioventù, e Giovanni da Vespignano (XIV sec.) che nella quiete nei campi raccoglie la missione di pacificatore. Verdiana, romita di Castelfiorentino (inizio del XIII secolo) è accompagnata da Caterina dei Ricci (ϯ 1589) che fa del monastero di S. Vincenzo in Prato un’alta scuola di spiritualità.
In Firenze nascono due grandi ordini: il vallombrosano e i servi di Maria. Giovanni Gualberto (ϯ 1073) nell’XI secolo rinnuova il benedettinismo a un’azione apologetica e militante; i Sette Santi Fondatori (1233), per suggerimento della Madonna svolgono e propagano la vita penitente, colorandola di devozione mariana.
Non pochi santi fìorentini assurgono a posizioni preminenti nella storia della chiesa e degli uomini. Bernardo degli Uberti, vescovo di Parma (ϯ1133) affianca l’azione di Matilde di Canossa contro l’imperialismo tedesco; nelle pasture di Vallombrosa, il futuro Pietro Igneo, e cardinale (ϯ 1096), ascolta la voce irresistibile della verità per le numerose legazioni in terre straniere. Nel XIV secolo, Andrea Corsini (ϯ 1373) realizza in Fiesole il prototipo di vescovo pretridentino ed ispira con l’austerità e la paterna severità l’opera di frate Antonino Pierozzi (ϯ 1459).
All’umanesimo invadente, Giovanni Dominici (ϯ 1420) oppone recisa resistenza, mentre canta con lirismo:

« Di’ Maria dolce, con quanto disio … »

Sant’Antonino, di fronte al dato di fatto, ha l’oculatezza di cristianizzare l’umanesimo. Stelle lucentissime popolano dunque il firmamento della santità diocesana; altre sono invece più lontane e passano sommesse accanto a noi. Parlano con dolcezza angelica: Giovanna da Signa (ϯ 1307 c.) racconta la sua storia di pastorella e di eremita; Umiliana dei Cerchi (ϯ 1246) è memore della vedovanza solinga, Giovanna Soderini è paga solo di affermarsi seguace della grande Giuliana Falconieri (ϯ 1320).
Ascoltiamo: Giovanni da Salerno (ϯ 1225) ha ereditato da Domenico di Guzman l’ardore per combattere le eresie; frate Angelo Mazzinghi (ϯ 1438), al Carmine, fa piovere sui fedeli rose e gigli attraverso le sue parole; Leonardo da Porto Maurizio (ϯ 1751) ripresenta nei suoi quaresimali la schiacciante verità dei Novissimi.
Firenze parla al trono di Dio profumata del sangue dei suoi mratiri. Sul cimitero paleocristiano, in cima al colle, sorge la basilica dedicata al protomartire Miniato ed ai compagni testimoni di Cristo (ϯ 250 c., persecuzione di Decio), bella come una regina di vittorie. Dagli splendori musivi, col Pantocratore, Miniato vigila sul territorio fiorentino e richiama ed addita il martirio di Crescenzio nella Valcava.ImmaginePag8 A questa schiera già numerosa, si unisce un’interminabile teoria di anime elette, trionfanti nel premio eterno. Ciascuna ha scritto pagine di dedizione, di amore e di volontà: sono scritte negli infiniti segreti della Provvidenza.
Nel nostro secolo, permeato di laicismo e di materialismo, i cuori di due pastori fiorentini hanno voluto riaffermare l’anelito alla santità, dedicando una nuova parrocchia cittadina a tutti i santi e beati fiorentini. Li precede nel titolo a ragione, Zanobi, il vescovo del trionfo definitivo di Cristo sugli idoli, in tutto il territorio diocesano.
Questa nuova chiesa realizza e concretizza il domma della comunione dei santi: è il mezzo che salda la chiesa fiorentina trionfante alla nostra militante.
La Chiesa cioè che prega in modo particolare per noi presso l’unico mediatore, Gesù, e noi guardiamo a lei, per imparare a vivere con sapienza, per poi infinitamente godere.

CARLO CELSO CALZOLAI

N.B. – L’autore di questo articolo ha preparato per incarico della nostra Parrocchia una monografia dei Santi e Beati Fiorentini, che uscirà nel prossimo mese di dicembre 1964.

 

 

 

calendario dei santi e beati fiorentini

9 gennaio B, Giulia da Certaldo (ϯ 1367) 22 maggio S. Zanobi (ϯ 407)
1 febbraio S. Verdiana da Castelfiorentino (ϯ 1242) 25 maggio S. Umiltà (ϯ 1310)
3 febbraio S. Caterina dei Ricci (ϯ 1589) 26 maggio S. Filippo Neri (ϯ 1595)
4 febbraio S. Andrea Corsini (ϯ 1373) 28 maggio S. Maria Bartolomea dei Bagnesi (ϯ 1577)
8 febbraio S. Bernardo degli Uberti (ϯ 1133) S. 28 maggio B. Giovanna da Firenze (ϯ 1367)
8 febbraio S. Pietro Igneo (ϯ 1096) 29 maggio S. Maria Maddalena dei Pazzi (ϯ 1607)
12 febbraio Sette Santi Fondatori dei Servi di Maria (1233 ) 10 giugno B. Giovanni Dominici (ϯ 1420)
26 febbraio S. Andrea (sec. IX) 12 giugno S. Giovanni Gualberto (ϯ 1073)
26 febbraio S. Poggio(sec.X) 19 giugno S. Giuliana Falconieri (ϯ 1320)
28 febbraio B. Antonia (sec. XIV) 17 agosto B. Angelo Agostino Mazzinghi (ϯ 1438)
7 marzo S. Teresa Margherita Redi (ϯ 1770) B. 17 agosto B. Antonio Baldinucci (sec. XVIII)
9 aprile B. Ubaldo da Sansepolcro (ϯ 1301) B. 23 agosto S. Filippo Benizi (ϯ 1285)
9 aprile B. Giovanni Benincasa (scc. XIV) 1 ottobre B. Ippolito Galantini (ϯ 1619)
10 maggio S. Antonino (ϯ 1459) 25 ottobre S. Miniato (ϯ 250)
14 maggio B. Gherardo da Villamagna (sec. XIII) 31 ottobre B. Giovanni da Salerno (ϯ 1225)
14 maggio B. Giovanni da Vespignano (ϯ 1301) 31 ottobre B. Tommaso Bellacci (sec. XV)
19 maggio B. Umiliana dei Cerchi (ϯ 1246) 16 novembre B. Giovanna da Signa (ϯ 1307)
19 maggio B. Villana dei Botti (ϯ t 1360) 26 novembre S. Leonardo da Porto Maurizio (ϯ 1751)

 

un veloce ma impegnativo cammino

11 ottobre 1961 ————————————————– 11 ottobre 1964

ImmaginiPag9ImmaginiPag9_003

Su un fertile terreno —————————————– Un operoso cantiere

ImmaginiPag9_006ImmaginiPag9_001

Ai piedi delle colline —————————————– Cresce……..

ImmaginiPag9_004ImmaginiPag9_002

sempre più in alto…….

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cantò

perchè

questa

chiesa

sorgesse

(22 febbraio 1962)

“Seigneur, mon ami,

tu m’as pris par la main,

J’irai avec toi sans effrai

jusqu’au but du chemin…..”

                                                                                                                             P. DUVAL

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la prima parola ufficiale è risuonata

nella chiesa ancora incompleta per

commemorare il cardinale Elia Dalla Costa

22 dicembre 1962

 

 

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il tabernacolo

della

Madonna

delle

Cento Stelle

 

Ogni città e ogni quartiere conservano le proprie tradizioni religiose maturate in tempi lontani e spesso legate ad immagini sacre che sanno di arte e di miracolo. Nella nostra zona, un’immagine quattrocentesca di Maria ha dato il nome a una strada e a un quartiere della città:

LA MADONNA DELLE CENTO STELLE.

Dalla parete di un’antica casa colonica ha posato per secoli il suo sguardo sui terreni fecondi e le modeste abi­tazioni della periferia fiorentina; poi, i segni del tempo hanno inciso i contorni vivaci della sua effige, che, restaurata, rimane, nel nuovo tabernacolo, una presenza che sorpassa il smbolo e trascende il sentimento. Chi, lungo la strada si attarda a recitare una fugace preghiera, capisce che la presenza di Maria è nel nostro quar­tiere, come nel mondo intero, una gioiosa e viva realtà. In ogni casa c’è una mamma che dà vita e spande sorriso; in ogni chiesa e in ogni parrocchia c’è pure una Mamma che dona ai suoi figli la vita e la gioia del Figlio suo. Per questo, le stelle che circondano la sua immagine, come quelle che brillano in cielo nelle notti serene, non sono che un pallido simbolo di Maria, luminosa stella del firmamento.

La casa di Dio

E’ difficile che negli scavi archeologici si ritrovinq in modo leggibile, vestigia di antiche abitazioni civili e le poche che esistono si conservano come cose preziose. Solo gli Edifici di notevole mole architettonica, come è logico pensare, resistono di più all’usura dei secoli ed emergono dalle rovine; sono questi, in gran parte, i T ea­tri, i grandi ambienti destinati alle assemblee e i Templi: i quali ultimi, sono quasi indistruttibili ed hanno questa prevalenza imperiosa che fa pensare ad un volere supre­mo; come se l’uomo avesse l’imposizione di conoscerne la storia e fosse costretto a dissotterrarli ovunque e sempre. Il Tempo, la Casa di Dio, il luogo dei Sacrifici, delle preghiere, delle speranze, senza cui è disperazione è pianto, è l’inutilità della vita terrena, è l’incoraggiamento al di­sordine e all’arbitrio, per l’obbedienza imposta dalle sole leggi umane, precarie, mutevoli con le circostanze e tal­volta ingiuste e insopportabili. Architetti di tutti i tempi hanno avuto il gravoso com­pito di plasmarne l’area, di recingere e delimitare un certo spazio destinato al colloquio delle Creature con il Creatore, Supremo Giudice infallibile e intimo conosci­tore di tutti e di tutto. Hanno sempre lavorato e sofferto per trovare una forma, interna ed esterna, che favorisse le intenzioni dei fedeli, che fosse degna dell’alta funzione e che esprimesse anche visibilmente, la sovrumana destinazione dell’edificio: di qui i limiti, la ricerca, lo studio, il successo o l’insuc­cesso dell’opera. L’esistenza di un «Dio Terribile» da placare, fu la sola interpretazione della Divinità secondo molte religioni pagane e grandiosa fu la realtà costruttiva dei Templi. Si ricercò l’immensità, si ùnpiegarono centinaia di co­lonne per sorreggere vaste e sontuose coperture, si model­larono, con preordinata astuzia, immense statue dalle fat­tezze orribili ed enigmatiche, perché spaventassero anche con la loro mole, gli oranti neofiti e perché facessero im­ponente coreografia scenografica, ai Sacerdoti impegnati nei cruenti riti. Così i popoli dell’Estremo Oriente dell’In­dia, della Cina, del Giappone e i più prossimi a noi quali i Fenici, i Caldei, gli Assiri, gli Egiziani, i Persiani prega­rono a loro modo nella cornice realizzata con grandiose costruzioni composte con enormi pietre e decorate con vi­stosi colori. Più tardi gli «Dei dell’Olimpo l>, immaginati da fervide menti come viziati e capricciosi esseri umani pronti alla vendetta e pronti anche a scatenare guerre tre­mende fra i mortali, anche per banali rivalità e piccole gelosie, ebbero nella Acropoli, il magnifico Partenone, con l’Eretteo, i Propilei la grande statua di Atena e poi gli Al­tari immensi come quello di Pergamo, i candidi marmi di Fidia e di Scopa, di Prassitele, di Lisippo fino a che, de­liziosamente ingentiliti, furono posti nelle bianche dimore della artificiosa solennità di Roma, che stese le sue ali su tutto l’Universo allora conosciuto. L’assurdo divenne regola, nella religione della decaden­za e si spinse fino a convincere il popolo ad adorare or­giastici Imperatori che, nelle follie afrodisiache delle in­terminabili crapule, ignorando quanto già accadeva, de­cretavano uccisioni in massa di innocenti Cristiani o di· struzioni di intere Città. I Templi erano divenuti imponenti teatri ed i riti propizia tori assunsero carattere di spettacolo. Il Cristo, il Contraddittore, il Figlio di Dio, Dio Egli stesso, compiendo la Sua stupefacente rivoluzione, immo­lò se stesso sull’Altare della Croce e risorse glorioso, po­nendo una sublime remora alla corsa sfrenata dell’uma­nità verso le estreme conseguenze del paganesimo. Rivelò la vera essenza del Padre e venne così cono­sciuto il «Dio Giusto e Misericordioso» che vicino agli uomini e in mezzo agli uomini sempre, non esigeva il Tempio con le statue megalitiche dagli occhi grifagni. La « Frazio Panis» chiamò tutti alla mensa celeste, attorno ad una tavola, rendendo inutile la cella degli « Dei falsi e bu­giardi» segreta e irragglungibile, per non rivelarne il vuo­to e la pochezza. Il Tempio orgoglioso cadde con irruenza e rotolarono a terra nella rovina le sue elefantiache colonne continuan­do così, anche materialmente, il crollo ideologico. Rimase solo il Patibolo divenuto simbolo di gloria: la Croce del Golgota con l’immagine del Martire Divino san· guinante nella immensa tragedia e si moltiplicarono pro­diaiosamente fino all’infinito le semplici mense prepa­rate nel segreto delle Catacombe, sopra le tombe dei Mar­tiri, ove prima gli Apostoli e poi gli umili Sacerdoti, loro successori, ripetevano le Sacramentali parole del Cristo, ope­rando il miracolo della transustanziazione. Come doveva essere il nuovo Tempio quando ormai il Tempio era una semplice e frugale mensa? Quando il Tempio era l’uomo? Bastava un Altare in mezzo ad un campo, in una casa, in una tenda, per celebrare il nuovo purissimo rito sacri­fica le che non insanguinava l’ara e che non richiedeva il fuoco distruttore. Non erano più indispensabili i grandi architetti: i l Tempio poteva essere l’Universo intero, come l’interno di una grotta. In simile sconcertante alternativa ormai era inutile tutto. Davanti a questa realtà e davanti alle necessità im­poste dal trascorrere del tempo e dalla diffusione della «buona novella», dopo il clamoroso riconoscimento della libertà di culto ai Cristiani, venne il bisogno di trovar posto per riunire le grandi masse di fedeli che dovevano partecipare al sublime rito della Consacrazione del pane e del vino, che si accostavano alla Sacra Mensa e che chicedevano di ascoltare la parola di Dio. Furono inizialmente ricomposte le antiche Basiliche, usando i materiali ricavati dalle rovine e nacquero così le prime Chiese Cristiane che erano solo delle grandi sale ove sopra un disadorno Altare avveniva la celebra­zione. Ben presto si rese necessario moltiplicare le Chiese e costruirne altre nuove informandosi a criteri di grande semplicità e di modestia. Gli architetti chiamati al nuovo compito eressero al­lora una «Casa» non più un Tempio, la «Casa di Dio» vivo, vero e presente, non più la falsa e vuota altezzosa scenografia. Lo studio della Teologia, l’evolversi della Liturgia, il succedersi delle vicende umane, resero sempre più impe­gnativa l’opera dell’architetto e nacquero le «Chiese Ro­maniche» dalla penombra mistica, le meravigliose «Basi­liche Gotiche» con gli innumerevoli pinnacoli, le grandi stupende vetrate, i portali figurati che illustravano meglio di ogni opera scritta, la Storia Sacra e ìa Dottrina Cristiana. Pittori, scultori, intagliatori, mosaicisti di ogni tempo lavoravano a gloria cii Dio tramandandoci capolavori am­mirevoli. Le amarezze della riforma, gli scismi, le perples­sità non intaccarono mai l’essenza, ma suggerirono altre forme architettoniche; il Rinascimento, il Barocco, il Neo­classicismo, portarono la loro concezione e la Chiesa si adeguò sempre ai tempi non conoscendo la « cristallizza­zione», l’immobilismo, il conservatorismo ad ogni costo. Il Vangelo è eterno, le sue verità sono sempre attuali e la «Casa di Dio» deve essere sempre viva, sempre at­tuale, sempre moderna. Oggi come duemila anni or sono, è sempre Cristo che scende sull’Altare per mano del Sacer­dote, nel solito semplice Altare ai piedi della Croce del Golgota. Non ha canoni fissi la forma della chiesa: Essa non deve incutere timore per il «Dio terribile» non deve essere frìvola per gli « Dei delle crapule» ma deve acco­gliere tutti noi attorno alla Sacra Mensa coadiuvando la preghiera, in presenza del Dio vero, vivente, «giusto e mi­sericordioso ». Compito difficile, arduo e pesante per chi è chiamato a realizzare con materiali umani e pertanto limitati, uno spazio per accogliere il Divino, l’Infinito e il Sopranna­turale.

Arch. FERDINANDO ROSSI

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Sull’altare Cristo si immola per noi e ci dona, nella chiesa, attraverso i sacramenti, il dono mirabile della Grazia

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Il canto delle nostre voci dirà al Signore la gioia della nostra anima, tempio vivo di Dio. Per questo ogni tempio che sorge è fatto di sasso e di anima.

 

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Montini

 

la parrocchia

Nella Chiesa c’è, per volere di Cristo, la Gerarchia allo scopo di garantire la nostra unione personale con Dio. Ci sono, ancora per volontà di Cristo, i laici, che hanno i loro compiti, i loro doveri, ai quali devono te­nere e che devono compiere, senza farsi supplire dalla Gerarchia. In genere noi veniamo a contatto con la Chiesa attraverso la Parrocchia, piccola frazione della Chiesa. Essa, come la grande Chiesa, deve essere una comunità di persone, una famiglia, che testimonia e prean­nuncia la comunità celeste dei beati. Tutti si devono conoscere: sono tutti figli dello stesso Padre, in cammino verso la Sua Casa. Tutti si devono amare: è il comando di Cristo: è il compito del cristiano: continuare sulla terra, così come è possibile, l’amore con cui il Padre ama Cristo e noi. Tutti devono pregare insieme: specialmente nell’offerta del Sacrificio di Gesù. La Messa domenicale non è il tempo della preghiera individuale, delle novene o dei tridui, delle candele da accendere eccetera Gesù è presente in mezzo ai fratelli e si offre con noi che offriamo Gesù al Padre ed insieme i dolori, il lavoro, i frutti, le speranze di ciascuno e di tutti: «cor unum et anima una». Tutti hanno qualcosa da fare e non solamente da ricevere: la Parrocchia non è né del Parroco né dei coadiutori, né essi sono la Parrocchia: attività, operosità, buon esempio, interessamento, frequenza, ordine, pulizia, andamento spirituale e materiale, suppellettili, insegnamento catechistico: sono diritti e doveri di tutti. Così bisogna intendere la Parrocchia, per compiere in essa i doveri che ciascuno ha.

(Da un discorso del Card. Montini ai Milanesi)

Comitato Esecutivo

per la erigenda Chiesa dei Santi Fiorentini

Mons. GIOVANNI BIANCHI – Vescovo Ausiliare

On. RENATO CAPPUGI – Presidente

Comm. GEROLAMO BAGNASCO

Prof. PIERO BARGELLINI

Rog. LUCIANO BENVENUTI

Don ALDO BER TINI

Dott. GINO BILANCERI

Dott. GIORGIO CHIARELLI

Dott. ULDERIGO CHIARONI

Dott. UGO DRAGONI

Dott. FERNANDO GALLERANI

Prof. OSCAR LANDI

Prot. GIOVANNI NOTARNICOLA

Prot. PIETRO PORCINAI

Ing. Arch. FERDINANDO ROSSI

Quanto costa una Chiesa?

Allo slalo attuale dei lavori possiamo dare questo bilancio sommario:

Entrate

Contributi a destinazione generica, della Cassa di Risparmio, della Banca Toscana,
della Associazione Industriali, dell’Azienda Autonoma del Turismo, del Comitato
per l’Estetica Cittadina, della Camera di Commercio                                                                                                                      L.  5.300.000

Raccolte nelle Parrocchie nella Giornata “Pro chiesa» del 26-6-’62                                                                                         L.  3.088.220

Raccolte da Monsignore Giacomo Meneghello                                                                                                                                  L.  3.684.000

Altri contributi vari                                                                                                                                                                                       L.    932.190

Raccolte tra i parrocchiani dei Santi Fiorentini                                                                                                                                L. 18.308.350

Raccolte dal Parroco                                                                                                                                                                                     L.  7.819.111

Contributo Statale (legge 2522)                                                                                                                                                               L. 27.330.970

Contributo Statale (Fondo Culto)                                                                                                                                                            L.  3.933.000

Contributi della Curia Arcivescovile di Firenze                                                                                                                                L. 50.152.170

Totale     L. 120.608.011

Uscite

Alla Ditta Ing. Franco Alaimo per lavori a contratto e in economia                                                                                        L. 98.165.193

Altre ditte                                                                                                                                                                                                          L. 22.442.818

Totale     L. 120.608.011

Passivo
Lavori ancora da pagare (circa) . . . . . . . . . . . . .                                                                                                                               L. 29.000.000

Dal presente bilancio è esclusa la casa canonica, il campanile

e parte delle Opere parrocchiali.

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