IV DOMENICA DI QUARESIMA (LAETERE) 

Anno B – 2Cr 36, 14-16.19.23; Ef  2, 4-10; Gv 3, 14-21 

NASCERE A UN’ALTA IMMAGINE DI DIO 

Giancarlo Bruni O.S.M., in Buona cosa è il sale, ed. Servitium ed. a Cura del Priorato di Sant’Egidio – Sotto il Monte  (BG) pag. 56-58; 4.a Domenica di Quaresima – Anno B 

1. Continua il cammino quaresimale dal deserto  della tentazione alla montagna della trasfigurazione, dal tempio di Gerusalemme a un  incontro notturno tra Nicodemo e Gesù, un  colloquio a due relativo all’urgenza di una terza  nascita da «acqua e da Spirito», dall’«alto», dal  «cielo» (Giovanni 3, 5.7.12). La creatura umana non  è definita unicamente dal codice genetico, la nascita  da donna, e dal codice della legge, la nascita  culturale (cf. Galati 4, 4), ma altresì dal codice  spirituale. Su questo dialogano un capo dei giudei e  il maestro Gesù, un parlare a cui segue un monologo  da parte di Gesù (cf. Giovanni 3, 11-21) che inizia  con le seguenti parole: «In verità, in verità io ti dico:  noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo  ciò che abbiamo veduto» (Giovanni 3, 11). A voler  dire: quello che sto per annunciare su Dio è  semplicemente vero perché frutto di un sapere e di  un vedere unici: «Dio nessuno lo ha mai visto: il  Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,  lui lo ha rivelato» (Giovanni 1, 18).  

Aspetto di decisiva importanza nella storia  dell’uomo, la mala lettura di Dio porta con sé  relazioni sbagliate tra gli uomini. Per questa ragione  il Figlio è venuto, per far nascere l’uomo ad una  vera e alta intelligenza di Dio, e in Dio di sé e  dell’altro. 

2. Annuncio affidato a un monologo i cui  passaggi meritano di essere sottolineati. Il primo  passaggio è: «Dio ha tanto amato il mondo»  (Giovanni 3, 16), da sempre egli ha liberamente  deciso di porsi come benevolenza nei confronti del  mondo umano. In verità: «Dio è amore» (1Giovanni 4, 16) senza pentimenti nonostante l’uomo.  

Il secondo passaggio è: «Il mondo abbia la vita  eterna» (Giovanni 3, 15), e in questo sta la sua  salvezza (cf. Giovanni 3, 17). Il sì di Dio al mondo  umano è no alla sua morte, è viscerale dedizione  alla sua vita detta eterna perché l’essere amati da  lui e l’amare come lui ama è eterno, va oltre la soglia del tempo dato a vivere quaggiù. Gli amati da Dio e  gli amanti come Dio sono eterni. Questa è dunque la  vita donata all’uomo, l’essere nel suo amore e amare  del suo amore; l’al di fuori dell’amore si chiama  morte.  

Il terzo passaggio è: «E come Mosè innalzò il  serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato  il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui  abbia la vita eterna» (Giovanni 3, 14-15). L’amore  del Padre tradotto in desiderio di vita per l’uomo ha  il suo luogo visibile compiuto nell’innalzato in croce  di nome Gesù. Lì il Padre si rivela senza ombra  alcuna come dono di sé a coloro che lo hanno  mortalmente colpito. Quella ferita aperta diventa  porta aperta da cui fuoriesce compassione, diventa  la risposta del bene e della vita al male e alla morte  che in quel posto in alto si incrociano e si  manifestano. Bene e vita che si riversano su quanti  alzano in stupore e fiducia il loro sguardo su quel  trafitto.  

All’atto di amore di Dio che è il Cristo elevato,  epifania di un Padre che non risparmia se stesso e  che non sottrae alla vita quanti non lo risparmiano a  morte violenta, l’uomo è chiamato a rispondere con  l’atto di fede: semplicemente riconoscere in quel  crocifisso la verità di Dio come amore senza se e  senza ma, lasciandoci sommergere da quell’amore  che ci costituisce viventi. Il tutto poi narrato  facendo ricorso all’immagine arcaica del serpente  (cf. Numeri 21, 4-9), nell’antichità figura  ambivalente nel suo essere al contempo segno di  morte e simbolo di vita nel suo cambiare pelle,  indice di eterna giovinezza. Qui solo simbolo di vita. 

E siamo così giunti al quarto passaggio: «E il  giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli  uomini hanno preferito le tenebre alla luce»  (Giovanni 3, 19). Gesù è il giudizio definitivo, cioè  discernimento sul vero volto di Dio e dell’uomo, di  Dio come amore che tutti e tutto abbraccia, e  dell’uomo come amato chiamato ad amare. Credere  è dire sì all’amore e alla sua sorgente.

Simultaneamente Gesù è giudizio sul falso volto  di Dio, e menzognera è ogni immagine di Dio  distante da quella apparsa nel Cristo; e sul falso  volto dell’uomo, quello che lucidamente e  volutamente fa dell’odio e dell’arrecare dolore e  morte il suo atto di fede. Cosa insopportabile a un  Dio che in Gesù continua a esortare a venire alla  luce (Giovanni 3, 20) e a nascere a verità (Giovanni 3, 21). Dio non si rassegna a confermare una  condanna che l’uomo si dà da solo scegliendo e  votandosi al male. 

3. All’uomo non resta che identificarsi in  Nicodemo, il passare dalla notte della non  conoscenza al giorno della conoscenza, una vera  nuova nascita attraverso la via dell’ascolto del  Maestro Gesù e della contemplazione dell’Unico  posto in alto. Per approdare alla sponda di  Dio-amore, scaturigine del nostro saperci amati amanti per sempre, creature di eternità.

Giancarlo Bruni, (1938) appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.

Risiede un po’ a Bose e un po’ all’eremo di San Pietro alle Stinche (FI).