X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

Anno B – Genesi 3, 9-15; 2Corinzi 4, 13-5,1; Marco 3, 20-35 

CHI È GESÙ E CHI I SUOI FRATELLI? 

Giancarlo Bruni O.S.M., in Buona cosa è il sale, ed. Servitium ed. a Cura del Priorato di Sant’Egidio – Sotto il Monte  (BG) pag. 130-133; 10.a Domenica del T.O. – Anno B 

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1. «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.» Il  discepolo di Gesù deve sapere che colui che egli  frequenta è ritenuto dalla sua parentela, i “suoi”, un  «fuori di sé» (Marco 3, 21) e dagli scribi, scesi da  Gerusalemme in Galilea per vedere da vicino questo  singolare fenomeno, «un posseduto da Beelzebul  che scaccia i demoni per mezzo del capo dei  demoni» (Marco 3, 22), «un posseduto da uno  spirito impuro» (Marco 3, 30). Precedentemente era  stato definito un “bestemmiatore” (cf. Marco 2, 7). 

Il discepolo non può ignorare che vi sono letture  di Gesù diametralmente opposte da chi lo intuisce  come il passaggio regale di Dio nel suo guarire e nel  suo perdonare, facendosi compagnia ai malati e ai  peccatori. Non può non registrare questa diversità  di interpretazioni e di conseguenti reazioni: «Tutti  si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “non  abbiamo mai visto nulla di simile”» (Marco 2, 12;     cf 1, 27-28); «farisei ed erodiani tennero consiglio  contro di lui per farlo morire» (Marco 3, 6). Mentre i  “suoi” vengono a lui per sottrarlo alla gente e per  riportarlo a casa, un gesto di buon senso e di  misericordia nei confronti di un ritenuto malato di  mente, un uomo alla deriva che rischia di  coinvolgere altri nei suoi orizzonti visionari. Marco  né sfuma né addolcisce: d’altronde, che impressione  suscita uno che dice di non conoscere i suoi (cf.  Marco 3, 33), che dà una strana definizione della  parentela (cf. Marco 3, 34-35) e che presume,  ponendosi in conflitto con l’ordine costituito, di  essere l’ermeneuta decisivo del sabato, e quindi  della legge in cui sta la volontà di Dio? Gesù,  sottolinea l’evangelista, suscita passioni  contrapposte, è un segno di contraddizione e un  sottoposto a giudizio. La sua sequela non è a basso  prezzo, e onestà è il notificarlo agli uditori-lettori. 

2. Gesù prende atto del suo essere giudicato e  risponde in due momenti. In primo luogo, si rivolge  agli scribi ponendo in luce l’evidente contraddittorietà della loro argomentazione. Vi sembra logico  definirmi un posseduto e un inviato da Satana  (l’avversario), dal diavolo (il divisore) e dal  demonio (forza sovrumana che procura danni) a  cacciare via Satana, il diavolo e il demonio dal cuore  dell’uomo? «Come può Satana scacciare Satana?»  (Marco 3, 23). 

Questo equivarrebbe a dichiarare la fine del  proprio regno (cf. Marco 3, 24-26), e altresì equivale  a dichiarare palesemente disonesto un modo di  ragionare. Non è dunque in nome del “signore delle  mosche”, divinità filistea (2Re 1, 2), o del “signore  della dimora” (Giudici 9, 28-41), possibili significati  di Beelzèbul, che Gesù scaccia i demoni, ai quali tra  l’altro è ben nota la sua identità: il «santo di Dio»,  inviato da Dio a rovinarli (Marco 1, 24), il «più  forte» (Marco 1, 7), venuto a incatenarli (cf. Marco 3, 27). Un linguaggio figurato a voler dire che il Dio  di Gesù non sopporta che l’uomo e la sua casa,  termine non casuale (cf. Marco 3, 20.27), divengano  dimora di una forza la cui unica preoccupazione è il  danno fisico, mentale e spirituale dell’uomo. 

E ove non sopportabile è l’evidenza della menzogna, «la bestemmia contro lo Spirito santo»,  l’imperdonabile (cf. Marco 3, 28-30) che indigna e  rattrista Gesù (cf. Marco 3, 5). Si può misconoscere  Dio e proferire parole contro di lui, si può  misconoscere il mistero del Figlio dell’uomo inviato  da Dio e si può misconoscere l’uomo non  prendendosene cura, e venire perdonati. 

Tragica, secondo Gesù, è la situazione di chi, pur  vedendo, volutamente e lucidamente sceglie di  dimorare nella menzogna, preferendo la tenebra  alla luce e la morte alla vita. Un’opzione di fondo  che non teme di stravolgere l’evidenza al punto da  definire figlio del male, mosso da un soffio  malvagio, colui che palesemente opera il bene,  quindi mosso da un soffio di benevolenza, lo Spirito  santo. Il tutto ovviamente va contestualizzato,  precisando che non siamo al cospetto di una condanna senza appello; le risorse e le misericordie  di Dio non sono mai finite (cf. Marco 1, 26), ma a  un’avvertenza che merita la massima attenzione. 

È una questione di onestà con se stessi l’uscita  dalla menzogna programmata, che nella sua  insindacabile sufficienza si sottrae alla verità, al  bene e ai perdoni. 

Alla risposta agli scribi succede quella alla folla,  che notifica a Gesù la presenza di quelli di casa sua  che lo mandano a chiamare (cf. Marco 3, 31). Una  risposta secca e illuminante: quelli di casa mia, a me  madre, fratelli e sorelle (cf. Marco 3, 35) sono coloro  che stanno “attorno” a me, guariti dalla mia forza e  istruiti dalla mia parola, adempiendo in questo la  volontà di Dio. Nessun legame di sangue e di etnia  può impedire l’emergere di questa nuova figura di  umanità vantando diritti su Gesù e sui suoi  discepoli. Significativo a questo proposito è  l’itinerario di fede di Maria, qui posta al di “fuori”  della cerchia di Gesù (cf. Marco 3, 31), a significare  una fase di non comprensione (cf. Luca 2, 50)  accompagnata da un’assidua riflessione: «Maria, da  parte sua, custodiva tutte queste cose meditandole  nel suo cuore» (Luca 2, 19). L’atteggiamento tipico  del saggio in Israele, aperto al tempo delle  illuminazioni, anche per Maria il terzo giorno della  risurrezione (cf. Luca 2, 46). 

3. I lettori-uditori di oggi sono avvertiti. Casa di  Gesù sono ogni creatura e comunità ecclesiale  riunite sotto il sole, attorno a lui, ascoltandone la  parola che guarisce e illumina. Non giudicandolo,  ma lasciandoci giudicare dal suo discernimento  ricco di verità e di amore, il discernimento di un  Figlio amato, colmo e sospinto da un Soffio unico,  santo appunto, che è potenza di Dio capace di  liberarci dal male e di costituirci dimora del bene.  Davvero “cose da matti”, la follia di Dio, scandalo  per scribi di ieri e di oggi, verso cui non avere altro  debito che quello dell’amore.

Giancarlo Bruni, (1938) appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.

Risiede un po’ a Bose e un po’ all’eremo di San Pietro alle Stinche (FI).