XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

Anno B – Isaia 53, 10-11; Ebrei 4, 14-16; Marco 10, 35-45  

Anno B – Geremia 31, 7-9; Ebrei 5, 1-6; Marco 10, 46-52 

MENDICANTI DI LUCE 

Giancarlo Bruni O.S.M., in Buona cosa è il sale, ed. Servitium ed. a Cura del Priorato di Sant’Egidio – Sotto il Monte  (BG) pag. 194-196, 30.a Domenica del T.O. – Anno B 

1. Lepisodio del cieco alluscita di Gerico occupa  un posto chiave nel Vangelo di Marco, narrativo, geografico e simbolico. Viene raccontato lultimo  miracolo operato da Gesù alla soglia del suo  ingresso in Gerusalemme (cf. Marco 11, 1), a voler  dire che il suo prima e il suo dopo vanno letti come  evento di illuminazione unicamente comprensibile  a occhi resi veggenti. Vedere infatti equivale a  capire, ad acconsentire a un messaggio e ad aderire  a una persona, il credere appunto, non vedere, viceversa, a non capire, a non acconsentire e a non  aderire, il non credere appunto a un Tu e a un  cammino il cui senso adempiuto sta per  concludersi in Gerusalemme. Lì il regno di Dio, vale  a dire lirruzione regale di Dio in Gesù nella vicenda  umana, giunge al culmine, ma servono occhi nuovi  per rendersene conto. 

2. Seguiamo il testo. Un uomo marginale sta sul  ciglio della strada, totalmente dipendente, è un  mendicante cieco e inchiodato alla sua situazione, è  un prostrato, un seduto, è comunque un uomo: ha  un nome, Bartimeo figlio di Timeo, ha un desiderio:  guarire, e ha un orecchio quanto mai sensibile a  fiutare chi passa per la sua strada (cf. Marco 10, 46- 47.51). Il Dio dei padri e Padre di Gesù conosce per  nome i senza nome della terra, la lunga carovana la  cui patria è il margine e il cui cibo, quando cè, sono  le briciole. La carovana, biblicamente, dei poveri  del Signore che, intuendone il farsi vicino, tramutano il loro desiderio in grido sempre più  forte, incuranti di chi si sente disturbato: «Figlio di  David, abbi pietà di me» (Marco 10, 47-48), ove  Figlio di David sta per Messia. Un grido che  riassume un urlo e un gemito mai conclusi: «Porgi  lorecchio, Signore, alle mie parole, intendi il mio  lamento; sii attento alla voce del mio grido» (Salmo 5, 2-3). Un urlo e un gemito che trovano ospitalità  in Dio: «Ho osservato la miseria […], ho udito il suo  grido […], conosco le sue sofferenze […], sono sceso  per liberarlo» (Esodo 3, 7-8), unaccoglienza fatta  carne in Gesù, il Figlio. In lui la pietas invocata  diviene pietas concessa, tenerezza liberatrice: dalla sfiducia al coraggio, dalla prostrazione al balzare in  piedi in posizione eretta, dal vagare da un ciglio  allaltro della strada allandare verso un Tu preciso, dal non essere chiamato da nessuno allesserlo dal  messia Gesù (cf. Marco 10, 49-50). Buttato via il  pesante mantello dello scoraggiamento, del  ripiegamento su di sé, del girare a vuoto e del non  riconoscimento, restituito nel suo incontro facciale  con Gesù al suo desidero più profondo: «che io  veda», e alla sua intuizione più profonda, tu sei la  luce incontrata per darmi luce, una fiducia  esaudita: «Va’, la tua fede ti ha salvato». Andare  dove? «Lo seguiva lungo la strada» (Marco 10, 51- 52). 

3. Il messaggio è chiaro e riguarda la verità  delluomo come mendicante: occhi di luce per  cogliere il mistero delle cose e la verità di Gesù  come discesa di Dio nella cecità del mondo, a  restituire occhi capaci di stupite visioni: Dio è luce  (cf. 1Giovanni 1, 5) perché è amore (cf. 1Giovanni 4, 16); luomo è nella luce perché è amato, abilitato ad  amare. Lazione di Dio in Gesù nelluomo è al  contempo illuminativa e trasformativa, il vedere è  inscindibile dal seguire. Un fare strada insieme, il  guarito e il guaritore, verso Gerusalemme ove il  processo di illuminazione raggiungerà il proprio  apice. In un legno, quello della croce, gli occhi si  aprono sulla capacità delluomo di generare  vittime, e si aprono sulla decisione di Dio in Cristo  di guardare con benevolenza quanti lo stanno per  spegnere. Nel dono di sé a chi ti sradica da te sta il  massimo della luminosità e della illuminazione. 

Occhi, e lo diciamo a conclusione, resi veggenti  solo se lo desiderano e lo urlano con tutto lessere, facendo proprio l«abbi pietà di me» di Bartimeo, la  preghiera del cuore che inesorabilmente fa breccia  nel cuore di Cristo. Abbi pietà di me, fa di me, a  similitudine di te, un veggente di Dio luce e di me  stesso e degli altri come figli della luce, chiamati a  camminare alla luce dellamore, versando lacrime  di dolcezza sulla ferita del mondo, a segno di occhi  guariti.

Giancarlo Bruni, (1938) appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.

Risiede un po’ a Bose e un po’ all’eremo di San Pietro alle Stinche (FI).