XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
CRISTO RE DELL’UNIVERSO
Anno B – Daniele 7, 13-14; Apocalisse 1, 5-8; Giovanni 18, 33b-37
REGALITÀ COME TESTIMONIANZA ALLA VERITÀ
Giancarlo Bruni O.S.M., in Buona cosa è il sale, ed. Servitium ed. a Cura del Priorato di Sant’Egidio – Sotto il Monte (BG) pag. 207-209, 34.a Domenica del T.O. Cristo Re dell’Universo – Anno B
1. Re nell’antichità era colui che deteneva il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo, colui che reggeva la vita di un popolo. Era il monarca, il solo a governare. In Israele la regalità appartiene solo a Dio, egli dà vita al suo popolo, egli porge codici di vita al suo popolo, egli è giudice verso chi li disattende, ma in una misericordia che mai viene meno. Un re di cui i re in Israele sono luogotenenti, gli inviati a governare secondo le indicazioni ricevute che sono il diritto, la giustizia e la pace: la triade che definisce il modo di porsi in verità della regalità.
Al tempo di Gesù non si danno più né re né regno, ma viva ne è rimasta la nostalgia quotidianamente pregata: «Venga il tuo regno». Un’attesa a più facce: attraverso un intervento straordinario di Dio che elimini male e malvagi e instauri il suo regno di bene per i buoni, la via apocalittica; attraverso l’osservanza della legge nell’attenzione anche ai dettagli, la via cara a correnti farisaiche; e attraverso la presa del potere con la liberazione in primo luogo dalla servitù romana, una presa senza esclusione di violenza, la via politica. La via di Gesù si distingue per il suo annunciare che il regno di Dio è vicino, tra di voi, ma in termini misteriosi, simile a seme nascosto che con potenza opera nel solco della storia e nel profondo dei cuori; vicino nei suoi gesti, nella sua parola e in lui nel quale la regalità di Dio ha fatto irruzione in Israele e nella vicenda umana; in lui che, al termine della sua vita, non teme di dichiararsi re, l’atteso messia di Dio (cf. Matteo 21, 5; Luca 19, 38; Giovanni 12, 13.15). Affermazione chiarissima nel dialogo Gesù-Pilato: «Sei tu il re dei giudei? […] Dunque tu sei re? […] Lo sono re» (Giovanni 18, 33.37).
2. Gesù è re, ma di quale regalità si tratta? «Il mio regno non è di questo mondo […], non è di quaggiù» (Giovanni 18, 36). Pilato e i governatori della terra di ieri e di oggi non devono temere in Gesù un concorrente, e i discepoli di Gesù non possono essere equiparati a correnti politiche in corsa per governatorati umani di qualsiasi tipo (cf. Giovanni 18, 36). Il suo regno non è di quaggiù, non è a questo livello che egli gioca il suo essere re e la sua regalità, piuttosto sul piano della verità: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Giovanni 18, 37). Ma «che cos’è la verità?» (Giovanni 18, 38) domanda Pilato. Biblicamente verità equivale a realtà svelata per ciò che essa è, in maniera solida e stabile da resistere all’usura del tempo, non soggetta a fluidità e transitorietà.
Per l’evangelista Giovanni, tale verità è venuta per mezzo di Gesù Cristo (cf. Giovanni 1, 17), da lui detta e attestata (cf. Giovanni 8, 40.45s; 16, 7; 18, 37), e nel suo dire e attestare è Dio stesso a esservi implicato (cf. Giovanni 5, 19s.36s; 8, 19.26.28; 12, 50). Di più, Gesù non è solo la via alla verità, ma la verità stessa fatta carne: «Io sono la verità» (Giovanni 14, 6). Di chi? Di Dio: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Giovanni 14, 9) e dell’uomo: «Ecco l’uomo» (Giovanni 19, 5), così profetizza di lui Pilato. Il Gesù di Giovanni legge dunque se stesso come un generato da Dio e un inviato da Dio, da lassù a quaggiù, a compiere l’opera regale della testimonianza alla verità. Uomini alla ricerca del Dio nascosto, io ne sono lo svelamento pubblico e universale nel mio dire, nel mio fare e nel mio morire e risorgere; in breve, io sono l’incarnazione della verità di Dio, non solo una delle sue molteplici manifestazioni. Uomini alla ricerca dell’uomo nascosto, io ne sono lo svelamento pubblico, io sono l’incarnazione della verità dell’uomo e non solo una delle sue molteplici manifestazioni. In questo sono re, il solo a cui è stato dato il potere di leggere in me la verità permanente di Dio come amore, e la verità permanente dell’uomo come amato per sempre, per amare per sempre.
3. Non può essere che questa la conclusione ovvia di un lungo cammino liturgico in compagnia di Gesù, il pervenire a comprenderlo come re nel senso di un Tu amico, che con autorità fonda, regge e governa in nostro modo di pensare Dio, il nostro modo di pensare l’uomo e il nostro modo di pensare la chiesa come popolo regale, inviato a testimoniare con il volto, la parola e la prassi il volto vero di Dio e il volto vero dell’uomo apparsi in Gesù; il volto dell’amore attento alle grandi opere regali del diritto, della giustizia e della pace, attento a ricordarlo ai governatori di questo mondo.
Giancarlo Bruni, (1938) appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.
Risiede un po’ a Bose e un po’ all’eremo di San Pietro alle Stinche (FI).