La nuova realtà cristiana

Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti (Marco 9, 35).

Queste parole non sono una metafora, un’etichetta con cui decorare il potere per conferirgli, almeno, una credibilità verbale. Descrivono la realtà e di Dio, e del Figlio, e di tutti coloro che le accolgono con la fede semplice e diretta del carbonaio, o con l’occhio illuminato da Cristo

Ogni parola di Cristo è un’azione; ciascuna delle sue azioni è una parola. Parola che, se ricevuta nella totale spoliazione dell’io egoista, crea in chi l’accoglie la nuova realtà cristiana. Tutti i seguaci di Cristo devono passare attraverso la porta stretta che introduce nel regno, attraverso la totale spoliazione perché nessun vecchio lievito alteri la parola ricevuta. Anche coloro che presiedono alle comunità cristiane sono obbligati a compiere questa totale spoliazione. La loro responsabilità è di portare agli uomini il volto di Dio, e di portare a Dio il volto dell’uomo trasfigurato.

Il volto di Dio non lo troviamo nei libri, in essi c’è sempre l’errore legato ai concetti dell’autore, il tradimento della parola scritta che mai riesce a trasmettere perfettamente il pensiero, l’incomprensione del lettore che confonde le sue equazioni personali con quelle dell’autore.

Il volto di Dio lo contempla chi, sorpassando tutte le ideazioni cerebrali, si ferma a contemplare il sole della verità nella augusta statura di Cristo. Per percorrere questo cammino, da noi a Cristo, è necessario abituarsi a muoversi con la più assoluta sincerità e ad agire nella più luminosa verità. Il volto di Cristo è quello della Parola eterna che à discesa nelle profondità della carne per illuminarla e trasfigurarla. E come avviene la trasfigurazione? Attraverso la consegna di se stesso alle

forze tenebrose, per assumerle e, lasciandosi da loro consumare, illuminarle.

«La Luce risplende nelle tenebre» (Giovanni 1). Egli è venuto per i peccatori, gli ammalati, gli abitanti nelle tenebre e nell’ombra della morte, per la pecorella smarrita, per gli emarginati. Cristo è venuto e viene continuamente per essi. Non come il Grande inquisitore, ma come l’Agnello. Le tenebre l’assalgono, si rivestono della sua tunica inconsutile, deturpano la sua bellezza e il suo fascino, «non ha più il volto dell’uomo»; egli lascia fare, chiuso nel silenzio, sa che le gocce del suo sangue che irrorano le vesti dei ribelli, agiranno a loro insaputa, che il profumo delle sue vesti placherà col tempo la loro furia. Egli ha l’eternità dalla sua parte. La voce della Parola eterna farà risuscitare i morti

Non agisce seguendo la propria volontà; ripete nella carne ciò che il Padre compie nell’assoluto; per questo non violenta alcuna libertà, lascia che le coscienze agiscano, anche sbagliando; si contenta di fermarle quando stanno per precipitare nel- l’abisso; il suo braccio soccorrevole si chiama angelo custode.

La sua volontà è quella del Padre, per questo tutti a lui obbediscono; egli ama tutte le creature di una tenerezza uguale e sapiente. In conseguenza ha il diritto di giudicare tutto, ma di un giudizio differente da quello degli uomini: il suo giudizio consiste nel riportare l’ordine divino nell’universo senza scoramenti, senza collera, senza disprezzo. Per questo è il pane che ristora le forze, ed è il vino che riporta la gioia e il canto; senza far sentire il peso del suo servizio, non domanda riconoscenza o gratitudine, provoca col suo dono la ripresa gioiosa della vita.

È il silenzioso servo della vita, è il cuore che conforta chi piange in segreto, il segno della fede per chi anela a credere. È l’amore di chiunque ama e vorrebbe amare di più. È il vaglio e il timone di ogni nobile anelito, di ogni ideale purissimo, di ogni dolore profondo, di ogni volontà di pace, di ogni volontà d’azione. Ovunque raccoglie con venerazione le lagrime, ovunque suscita sorrisi di speranza.

Assume in sé il male, consuma in sé ogni separazione: divenendo il centro, la confluenza di quanto si agita nelle vicende umane, distrugge i limiti e i confini di ogni egoismo, e assume ogni vita in un’unica realtà.

Noi amiamo la separazione, nella nostra egoicità aneliamo a imporci in una sopraffazione di

valori, invece di comporci in una musicale sintesi di armonie, rifiutiamo qualunque salvezza che ci richieda di subire delle cancellazioni. Preferiamo la toga del Grande inquisitore alla povera veste del servo.

E lui è in mezzo a noi, in noi col suo infinito amore, con la sua piena consapevolezza, con la sua espiazione perfetta e ci addita la via della salvezza che è poi in lui stesso. Da secoli ci ripete: «Venite a me voi tutti che siete oppressi dalle vostre colpe, affaticati dalle vostre debolezze, umiliati dai vostri difetti, afflitti dalle vostre limitazioni. Io vi consolerò, ci rianimerò. Venite a me. Io solo la via, la verità, la vita». Noi rispondiamo: «Tu sei la via che non vogliamo seguire, tu la verità che non vogliamo credere, tu la vita che non vogliamo vivere. Perché tu sei l’unione e noi la separazione, tu sei l’umiltà e noi l’orgoglio, tu sei l’amore e noi l’odio, tu sei l’Uomo e noi siamo gli uomini, tu sei l’Uno e noi siamo i molti, tu sei il servo dei viventi e noi vogliamo esserne i dominatori».

La sua sopportazione è pari alla nostra caparbietà, il suo amore supera la nostra ostinazione nel male, la sua volontà vigila il più piccolo cenno di adesione della nostra volontà, per salvare ciò che è venuto a salvare, per attuare il suo mandato, per obbedire a chi lo espresse da sé, come la parola dalla bocca, come il pensiero dalla mente.

Diverremo gli ultimi, i servi di tutti, quando sentiremo che egli è il Rex regum e il Dominus dominantium, ma la nostra vera ricchezza, la nostra parte migliore, la nostra luce interiore che nulla può spengere, la sola ragione che può dirci: «Lo devi», l’essenza vera delle nostre anime che vuol essere portata da noi come germe che diventa pane nella carestia, come lume che rischiara nelle tenebre, l’dea che prega in noi, l’idea di cui dobbiamo essere servi se vogliamo servire gli uomini.