XXXIII TEMPO ORDINARIO 

Anno A – Pr 31,10-13.19-20.30-31; Sal 127; 1Ts 5,1-6; Mt 25,14-30 I TALENTI 

Giovanni Vannucci, «I talenti», 33a domenica del tempo ordinario – Anno A; in Risveglio della coscienza, 1a ed. Centro studi  ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984. Pag. 188-189. 

Il Signore è il creatore della vita, i servi siamo  noi uomini. Nessuno, venendo in questo mondo, vi  viene sprovveduto; a tutti Dio da, con la vita, un  dono, e la vita stessa è un dono. Anche vivendo  semplicemente, accettando serenamente il bene e  il male della vita, anche desiderando che si attui  ciò che la vita è destinata a compiere, è fare un  gran bene.  

Dio dona ad alcuni solo il dono della vita, ad  altri varie capacità, naturalmente con maggiori  responsabilità dei primi. A tutti dice una sola cosa:  «Trafficate i talenti ricevuti, perché dovrete  rendermene conto» (cfr. Matteo 25, 14-30). Non  importa il numero dei talenti, ci è richiesto che  siano adoperati in modo che rendano frutto. Chi ne  ha dieci ne farà venti, chi cinque li moltiplicherà,  chi uno lo raddoppierà. La vita deve significare  produrre frutti di vita.  

I servi dall’unico talento sono legioni, ed è ad  essi che viene oggi rivolta la parola. Se tu hai un  unico talento non ti è chiesto di farne dieci, ma di  farne solo due; cioé di essere compreso del tuo  compito, qualunque esso sia. A nessuno è  domandato di fare ciò che non può fare, ma di far  bene ciò che può fare. 

Vivere non vuoi dire far passare i giorni come  l’acqua che scorre, ma misurare ogni ora con il  metro del proprio respiro, con l’energia della  propria volontà, con il calore del proprio amore.  

Il servo neghittoso butta via la sua ricompensa,  invidia chi ha ricevuto di più, giudica con rancore  il padrone, seppellisce il talento, soffoca il dono  della sua vita, rende inutile il soffio di vita che lo  anima. Non esistono vite inutili se non per colui  che rende inutile la sua vita. Dio non ci rimprovera  di render poco, ci rimprovera di render niente. Il  narcisismo, di qualsiasi natura sia, è tutto nel «non  render niente». Narcisismo è il ripiegamento su noi  stessi, l’ammirazione per la propria personalità, il  compiangere se stessi, il sentirsi defraudati di  

qualcosa. Anche l’applauso per le opere altrui e la  pigra ammirazione per l’altrui attività è  narcisismo.  

Ognuno taccia quello che deve fare e Dio farà  sì che ognuno abbia la sua ricompensa. Cosa vuol  dire fare? Chi accetta di vivere con la consapevole  certezza che la vita è buona in qualunque modo si  svolga, fa qualcosa di grande e di meritorio.  Naturalmente chi più ha più è chiamato a dare; chi  più sa più insegni; chi è più forte porti i pesi  maggiori e non condanni chi può portare solo dei  piccoli pesi. Impariamo a esser coscienti di ciò che  ci è stato affidato, nessuno risponderà per gli altri,  ognuno risponderà di se stesso. Capendo questo,  faremo un gran passo nella vita, avremo capito  l’essenziale.  

La parabola dei talenti fu detta per ognuno di  noi, e ad essa ognuno di noi deve imparare a  riferirsi.

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