16 e 17 Aprile 2016 la terza media a Nomadelfia

Un ragazzo chiede ad un bambino di circa 5 anni:

“È tuo questo Lego?” “No!” risponde lui “È della casa.”

I bambini di Nomadelfia sono abituati a non possedere.

Prima di cena, nella sala comune del gruppo familiare che da 3 anni abita nella casa chiamata Betlem Basso, Zeno, nomadelfo di circa 40 anni sposato con 7 figli, apre le porte di una cappellina con un tabernacolo e dopo il segno di croce dà il via alle preghiere insieme a tutto il suo gruppo familiare e a noi. Quando si arriva alla preghiera coniata dai nomadelfi, noi cinque ospiti di Firenze rimaniamo in silenzio, ma Maria, ragazzina di 12 anni, subito fa il giro consegnandoci un foglietto plastificato con le seguenti preghiere a noi sconosciute.
Tutti a Nomadelfia pregano insieme.

“Se tuo marito ti volesse regalare degli orecchini?” chiede una di noi a Silvia, moglie di Zeno. “Io non desidero che me ne regali!” risponde lei “Se trovassi un fiore vicino allo specchio in bagno la mattina sarebbe già un dono, segno del suo Amore.”
A Nomadelfia si vive di sobrietà.

I ragazzi fiorentini di terza media non possono fare a meno di notare una certa austerità e una mancanza di espressione personale. La mancanza di “io”.
Percepiscono anche una sensazione di “tutto già pronto” che se da una parte li fa sentire meno incerti della vita, dall’altra li rende meno curiosi, meno ispirati, meno interessati alla stessa.
I ragazzi portano a casa un’armonia pacifica che gli dà modo di riflettere. Vogliono essere più presenti, più attenti, vogliono imparare a dare valore alle persone e alle cose, dalle più grandi alle più piccole, vogliono imparare a non dare per scontato.
Un’ esperienza difficile che ci dona con semplicità una ricchezza inestimabile.

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